
Spunti per una fenomenologia della didattica vocale rossiniana
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Coordinate generali
Nella didattica del canto lirico esistono molteplici specificità applicative pur muovendoci all’interno di una cornice unitaria di concetti generali e coordinate oggettive e foniatricamente suffragate (parametri quali quelli di appoggio, sostegno, articolazioni, posizioni vocali, postura etc. etc.)
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La temuta pratica vocale rossiniana
Uno degli ambiti più temuti della didattica vocale è quello della pratica vocale rossiniana. Rossini costituisce un mondo a sé non solo all’interno del panorama storico-musicale ma anche in quello della prassi esecutiva vocale. Rossini dà a pensare, smuove le coscienze con la sua intrinseca trasgressività tellurica sottoponendo l’aspirante esecutore a molteplici problematiche inedite e sconcertanti.
Pensiamo, ad esempio, alle difficoltà della tipica coloratura rossiniana, spesso scritta in zone impervie quali la zona acuta e nel passaggio di registro; la necessaria gestione e l’opportuno dominio degli acuti e dei sopracuti; la corretta padronanza del legato; l’osservanza rigorosa dell’agogica; il sapiente uso degli abbellimenti e dei virtuosismi vocali in senso lato; il dominio assoluto della propria voce; attitudine interpretativa.
Le succitate figure obbligate della prassi rossiniana sono solo una parte delle plurime difficoltà che l’esecutore dovrà affrontare nel corso del suo studio.
L’esecutore discente è testimone di un’alterità che la musica di Rossini racchiude nell’arabesco dei suoi disegni funambolici, nello struggimento delle sue cellule melodiche dell’organizzazione disorganizzata del suo magma sonoro .
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La didattica della pratica vocale rossiniana: docente e discente
La scrittura vocale rossiniana delinea costellazioni e scenari meravigliosi per coloro che ne subiscono il fascino all’ascolto ma de-situano il docente e il discente dal loro già conosciuto verso paesaggi nuovi, misterici e altamente destabilizzanti; il già dato talvolta non basta all’orientamento complessivo e alla corretta esecuzione, L’impatto con la prassi esecutiva rossiniana è una sfida contro i limiti e sollecita il discente ad un necessario approfondimento tecnico o rivela, nella peggiore delle ipotesi l’inconsistente tenuta del suo armamentario.
Una metodologia vocale rossiniana autentica trascende un approccio utopistico dello spontaneismo naturalistico e al contempo quello iper-tecnicistico meccanicistica; entrambi gli approcci naufragano inesorabilmente in quella speciale e ineffabile eccedenza del discorso vocale rossiniano.
Da una parte i fautori del naturalismo non riusciranno nella impresa di decodifica dello scandalo dell’impossibile della risoluzione tecnica delle figure vocali obbligate rossiniane; dall’altra parte invece un iper-tecnicismo ( affondo o immascheramento su tutto), complica il tutto irrigidendo lo studente in gabbie sovrastrutturanti che finiranno per sovvertire un emissione fluida ed autentica a favore di esiziali imposti, iperfunzionalità di vario genere declinanti in surmenage e malmenage vocali. La didattica vocale rossiniana ha una sua specificità interna di non semplicistica risoluzione che seppur dotata di una rigida e articolata griglia di postulati tecnici ed espressivi tendenzialmente oggettivi non potrà e non dovrà mai degenerare nella inautenticità del tecnicismo perché ciò costituirebbe un empasse fatale alla penetrazione della verità della musica rossiniana.
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Afferrare l’inafferrabile
Pensiamo all’esempio concreto dell’esecuzione della prima aria del tenore dell’ “Italiana in Algeri”: senza una tecnica che sappia al contempo preservare la fluidità naturale dell’articolazione, nessuno sarebbe in grado di portare a termine senza sforzo i passaggi ostici della tessitura e della coloratura del “Languir per una bella”.
Una esecuzione vocale idonea del testo rossiniano d’altronde non può limitarsi ad una appartenenza più o meno fedele ad un metodo auspicabilmente valido e praticato con buon esito già dallo stesso docente proponente. La pratica vocale della scrittura rossiniana esige un qualcosa in più che si spiega in relazione con la sua eccedenza interna insaturabile che va resa tangibile vocalmente, una sorta di afferramento. L’aspirante rossiniano deve essere un esecutore tecnicamente ferrato e al contempo capace di erranza e di allontanamento dall’impostazione vocale per rivelare gli aspetti reconditi e metafisici della musica del pesarese senza cedere alla tentazione della freddezza esecutiva, del compiacimento edonistico o dell’emissione forzata.
A partire da una giusta tecnica si installa poi il gravoso e ulteriore compito dell’educazione estetica del docente di canto che si declina in una ermeneutica e fenomenologia della scrittura rossiniana rigorosa atta a far penetrare l’intima e sottesa verità nascosta del discorso vocale. Spetta all’allievo trasfigurare, personalizzare e soggettivare le indicazioni ricevute fino a rendere nuova ogni esecuzione. Una giusta tecnica rossiniana si configura come una chiave di accesso dell’erranza interpretativa e della trasgressione trasfigurante del solista, precondizione non esaustiva di una ulteriorità interpretativa. La sola musica rossiniana così come è scritta non basta solo una tecnica liberante e un giusto approccio estetico ed espressivo dell’allievo ne porterà alla luce la sua intima bellezza e la sua sconcertante verità. Allo studente e aspirante esecutore rossiniano spetta il compito non semplice di una pratica vocale diuturna, paziente e costante contrappuntata dalla guida solerte del docente.
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Da trasfigurato a chiave per trasfigurarsi
Lo specialismo tecnico rossiniano si rivela da una emissione spontanea, fluida e naturale che sappia dissimulare il grado di elevata perizia attraverso un alto livello di automatismo cinestetico. Una corretta condotta vocale rossiniana elude le ipoimpostazioni deficitanti pseudonaturali e le iperimpostazioni tecnicistiche caratterizzandosi per la sua autenticità emissiva e per la sua sagacità analitica ed interpretativa. All’esecutore è affidato, attraverso il filtro dell’educazione vocale, l’arduo compito di penetrare nella radura intellegibile e metafisica sottesa alla scrittura rossiniana per portare alla luce la sua verità nascosta.
Per quanto attiene ancora allo specifico della didattica rossiniana dobbiamo annoverare alcune caratteristiche del maestro di canto. Per attivare i circuiti della complessità della resa didattica sarebbe auspicabile che lui stesso abbia incarnato parte della pratica vocale trasmessa e percorso quella strada di sofferenza creativa ed esecutiva funzionale ad una esaustiva resa vocale. Un maestro che ha praticato in prima persona il repertorio rossiniano non costituisce un parametro obbligato ma preferenziale, sempre che il docente in questione infatti abbia preso coscienza sistematica della sua tecnica e la sappia declinare in offerta didattica comprensiva, chiara e allo stesso tempo oggettivamente suffragata da principi di eufonia e di fondamenti foniatrici. È notorio comunque che grandi esecutori spesso non sono validi docenti, ma resta comunque valido il principio che è impossibile addentrarsi nel labirinto delle codifiche corporee e mentali della prassi rossiniana senza averne una personale contezza ed esperienza diretta anche se tali principi siano stati applicati ad altro repertorio dal docente prescelto.
L’esperienza didattica rossiniana si configura come una vera e propria iniziazione misterica mediata da ancoraggi empiricamente e foniatricamente suffragati; una iniziazione che prescinde dal fumoso esoterismo esplicativo e iper-metaforico (farei qualche esempio) ma è permeato da un concreto realismo prassico e tecnico. La metodologia vocale nel caso della vocalità rossiniana è preciso dispositivo prassico ed ermeneutico e al contempo sacrificale; solo un’intensa, giusta e sacrificata pratica vocale renderà ragione delle arditezze della scrittura rossiniane. Ma l’iniziazione tecnica ed estetica non sarà scontata e a molti si rileverà ermeticamente inaccessibile anche a dispetto dei buoni propositi e delle giuste attitudini, perché una didattica viva porta con sé sempre la possibilità del suo fallimento.
Il giusto cantar rossiniano esula da eccessi e trascende la polarità Natura/tecnicicismo verso una idea di atletismo tecnico ed estetico che disvela l’ossatura intellegibile ed ontologica del segno musicale, vettore semantico ed aletico dell’ideale rossiniano.
Il “cantar che nell’anima si sente” evento di prescrizione rossiniana è ardua impresa ma riscattata dal piacere estetico e spirituale che si concede agli eletti di tale missione estetica e ultimamente spirituale[1]
[1] Cfr.: Per una essenziale bibliografia consiglio la consultazione dei seguenti testi: P. Gosset, Dive e maestri, Il Saggiatore, Milano 2012; F.Fussi_S. Magnani, Lo spartito logopedico, Omega edizioni, Torino, 2003, S. Magnani, Vivere di voce, Franco Angeli , Milano 2015, S. Magnani_F. Fussi, Ascoltare la voce, Franco Angeli, Milano 2015: A. Zedda. Divagazioni rossiniane, Ricordi , Milano 2013; A: Juvarra, La tecnica vocale italiane, Armelin Musica, Padova2014.