Milano – Teatro alla Scala: Andrea Chénier (cast alternativo)

Sabato 27 maggio al Teatro alla Scala è andata in scena l’ultima recita prevista di Andrea Chénier di Umberto Giordano.
Ne scriviamo solo poche poche righe, in quanto in merito alla valutazione del cast e della produzione ci associamo senza alcun dubbio alla recensione di Ugo Malasoma riguardo alla prima rappresentazione dello scorso 3 maggio.

Per quanto attiene all’impianto registico di Mario Martone e quello scenografico di Margherita Pallinon possiamo che porre in rilievo l’autorevolezza e la forza impattante estetica che, pur non facendo ricorso a dispositivi di trasposizione drammaturgica o sussidi virtuali, intenziona il cuore profondo della vis creativa di Giordano.

La concertazione e la direzione di Marco Armiliatosono un compendio sapiente di stile e rara prospettiva ermeneutica storicamente informata, mentre i tre principali attori protagonisti, fedeli al dettame ispirativo originario del capolavoro di Giordano, hanno dimostrato di saper ritradurre un classico facendoci gustare la sua perenne attualità.

Variante nel cast rispetto alla prima è la presenza di Jonas Kaufmann nel ruolo eponimo; l’artista, al netto della sua proverbiale attitudine interpretativa carismatica, delude nella resa performativa prettamente canora in virtù di un modalità emissiva la cui architettura complessiva pare caratterizzata da una certa arretratezza dei suoni nel retrofaringe, enfasi emissiva forzata in zona acuta, passaggi di registro non a fuoco e un certo abuso del falsettone, e un generale ottundimento timbrico che ne pregiudica la proiezione della vibrazione nella sala del Piermarini (tutte le arie sono state salutate da tiepido entusiasmo).

Altra variante del cast è quella di Amartuvshin Enkhbat nel ruolo di Carlo Gérard che, al contrario, dimostra di possedere legato da manuale, transizione dei registri omogenea, capacità di fiato assolute, magistero tecnico, suadenza e bellezza timbrica, oltre che ad una totale assenza di suoni forzati; il baritono coglie con la sua gestualità vocale, pregnanza e aderenza stilistica la cifra quintessenziale di questo ruolo e dell’anima nascosta della poetica di Giordano, che da una parte è attraversata da impeti e grammatiche veriste, dall’altra da una ispirazione trasfigurante e sublimante che prenderà corpo, nel 1929, nell’opera fiabesca Il re, lavoro lontano dal teatro storico e dal verismo espressivo.

Particolare menzione per Giulio Mastrototaro nel ruolo di Matthieu; il cantante già noto al Piermarini si conferma un grande artista, fraseggiatore e cesellatore minuto, voce generosa, schietta e comunicativa e verve attoriale incisiva.

Alla fine applausi calorosi per tutti e decise ovazioni per Enkhbat.

 

La recensione si riferisce alla recita del 27 maggio 2023.

 

Giovanni Botta

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