Milano – Ridotto dei palchi “A. Toscanini” del Teatro alla Scala: Concerto dei solisti dell’Accademia e degli allievi del cordo per maestri collaboratori.

Il 23 febbraio, al ridotto dei palchi del Teatro alla Scala ‘Arturo Toscanini’ per la rassegna dei “Concerti dell’Accademia del Teatro alla Scala”, i giovani solisti e i maestri collaboratori si sono cimentati in un concerto interamente dedicato al genio di Jules Massenet.

Degna di plauso complessivo ci sembra la raffinata operazione culturale di includere, in larga parte, opere ormai fuori repertorio del compositore francese che conservano la loro maestosa e attuale bellezza nonché connotate da una cifra comune stilistica ed estetica; il tutto è stato reso possibile da una collaborazione fattiva dell’Accademia con la Fondazione Palazzetto Bru Zane e il Centre de musique romantique française.

La prova offerta dal parterre dei giovani maestri collaboratori, di indubbio talento, è la dimostrazione fattiva di una interiorizzazione delle impartizioni ricevute dai valenti docenti del corso dell’Accademia; tutti accomunati nel solco di una piena acquisizione dei fondamenti e dei fondamentali di una professione nobile ed ardua e di sicuro non adatta a tutti.

I maestri collaboratori mostrano una conoscenza analitica dello spartito in sintonia e pertinenza estetica con l’afflato ispirativo e la specifica grammatica di Massenet, rivelando alcuni dei tratti più espressivi e connotativi del compositore; in aggiunta i ragazzi hanno dimostrato di fare musica e saper essere veri maestri accompagnatori in erba perché hanno conservato con il cantante una buona intesa dialogica di intenti, di respiri, di attacchi e di conduzione globale del tutto. Per le suddette ragioni ci sembrano tutti degni di menzione in ordine di apparizione: Michele Franceschi, Valeria Vitelli, Carolina Benedettini, Chayoon Na, Eri Hamakawa, Riccardo Stiffoni. Particolare menzione spetta a Valeria Vitelli e Carolina Benedettini che sembrano più mature per alcuni aspetti esecutivi ed interpretativi.

Il parterre dei cantanti, al netto della considerazione della loro giovane età e della ancora non conclusa fase di alta specializzazione formativa, non sembra omogeneo nella resa e tenuta complessiva del concerto.

Il baritono Sung-Hwan Damien Park, alle prese con la celebre aria del Don Quichotte (“Riez, allez, riez du pauvre idéologue”) dimostra da un lato baldanza ed esuberanza vocale e un indubbio bel timbro ma dall’altro indulge, come già in altre occasioni abbiamo avuto modo di sottolineare, in una monocorde e trasandata modalità stentorea incapace di cogliere i nessi e le articolazioni dinamiche, oltreché nel porsi sempre in uno stile post-romantico ben lontano dal cuore della poetica di Massenet.

Buona la prova di Nicole Wacker, ascoltata nell’aria della Sapho (“Pendant un an”), della Cendrillon (“Ah! Douce enfant”) e nel duetto dell’Esclarmonde, la cui gamma espressiva vocale è pienamente sviluppata, oltre ad avere bel timbro e buona tecnica di emissione.

Meno riuscita la prova di Mara Gaudenzi, impegnata nella grande aria delle lettere del Werther oltre che nel terzetto del Don César De Bazan (“Aux coeurs les plus troblés”), in cui abbiamo riscontrato poca morbidezza e fluidità di emissione e difficoltà nella zona acuta.

Ottima la prova di Alexsandrina MIhailova nel duetto del citato Don César e di Le Roi de la Lahore (“O timour!”) e nel duetto della Manon (“Voyons, Manon, plus de chimères”): il soprano ha padronanza tecnica, bellezza timbrica, ricchezza di armonici e ottimo legato oltre che una non comune vis interpretativa.

Non al passo con quelle dei colleghi la performance del tenore Andrea Tanzillo nella grande aria del Werther (“Porquoi me réveiller”) e nel duetto delle Grisedelis (“Astres, cachez votre flambeau”): il tenore dimostra di non avere ancora il pieno controllo della sua voce, preferendo indulgere in una modalità emissiva forzata da un lato e nasaleggiante e metallica dall’altro, con difficoltà in acuto e nella tenuta del legato.

Il tenore coreano Hyiun-Seo Davide Park invece alterna fasi ostinate e discutibili di falsettone rinforzato a fini apparentemente espressivi e modalità di spinta, inanellando una serie di rotture vocali assai percepibili.

Al termine dell’esecuzione un discreto consenso congeda il parterre dei valorosi ragazzi dell’Accademia del Teatro alla Scala, a cui siamo debitori per averci restituito pagine oramai sommerse di uno dei più grandi compositori della storia del melodramma, nella speranza che possano essere recuperate e riportate sul palcoscenico.

 

La recensione si riferisce al concerto del 23 febbraio 2023.

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